Legge 104, ecco alcuni consigli per tutelarsi dagli abusi

In vigore dal 1992, la Legge 104 (ovvero la “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate“) tutela le persone portatrici di handicap o affette da menomazioni di varia natura. La normativa intende perseguire due obiettivi fondamentali: da un lato, garantire assistenza a persone portatrici di handicap o affette da menomazioni di varia natura; di contro, dispone i mezzi per un graduale reintegro della persona nel mondo del lavoro.

Spesso, però, le agevolazioni previste dalla Legge 104 sono oggetto di abuso da parte dei beneficiari; vediamo di seguito quando si configura questa eventualità e quali sono gli strumenti che l’azienda può adoperare per tutelarsi.

Cosa prevede la Legge 104

Il testo di legge dispone, anzitutto, che la persona affetta da menomazione o portatrice di handicap abbia accesso a servizi di assistenza, cura e riabilitazione, oltre a tutele di natura giuridica ed economica. Tali prestazioni sono disponibili solo se la persona che vuole usufruirne dimostra di essere effettivamente portatrice di handicap o affetta da una minorazione fisica o psichica.

Tra le agevolazioni previste, ve ne sono alcune che ricadono all’interno della sfera lavorativa. La legge, infatti, contempla il “diritto di collocamento obbligatorio” (articolo 19) a favore della persona disabile o con menomazioni; in aggiunta, per familiari o conviventi che si occupano dell’assistenza, sono previsti alcuni benefici, come ad esempio i permessi retribuiti o il congedo straordinario.

L’abuso dei permessi per la Legge 104

I permessi per la Legge 104 sono permessi retribuiti per un periodo di tre giorni mensili (anche continuativi) che vengono accordati al dipendente per svolgere attività di assistenza per un familiare (fino al terzo grado di parentela) o un convivente.

Al fine di evitarne l’abuso, il testo di legge proibisce al beneficiario di svolgere attività di natura personale durante il giorni di permesso. La giurisprudenza in materia è piuttosto rigida ed ha consolidato il concetto per cui il dipendente che usufruisce dei permessi previsti dalla Legge 104 non è obbligato ad assicurare assistenza continuativa e ininterrotta; di contro, pur potendo dedicarsi anche ad altro, deve destinare le ore di permesso alla cura del familiare o del convivente disabile.

L’abuso dei permessi costituisce un reato di natura penale, in quanto il dipendente percepisce erogazioni statali in maniera ingiustificata; in aggiunta espone il lavoratore a provvedimenti sanzionatori e disciplinari di varia natura. Non a caso, i permessi per la Legge 104 sono tra i principali ‘strumenti’ nelle mani dei lavoratori assenteisti, che utilizzano i giorni di permesso retribuiti per dedicarsi ad altre attività e assentarsi – senza un valido motivo – dal luogo di lavoro.

Come tutelarsi

L’utilizzo fraudolento dei permessi previsti dalla Legge 104 espone, come detto, il lavoratore dipendente a misure sanzionatorie che, nella peggiore delle ipotesi, possono concretizzarsi nell’interruzione del rapporto di lavoro, sia in ambito pubblico che privato. In casi del genere, infatti, si può considerare compromesso il rapporto fiduciario che deve esistere tra datore di lavoro e il dipendente.

Qualora subentri il sospetto di un abuso, al primo spetta il cosiddetto ‘onere di prova‘ prima di comminare una sanzione nei confronti del prestatore di lavoro. Per questo, il titolare di un’azienda – o un legale rappresentante – può decidere di svolgere un controllo Legge 104 dando mandato ad un’agenzia di investigazioni private operante sul territorio nazionale (come ad esempio Inside Agency) per lo svolgimento di indagini interne.

Le tecniche di investigazione, in casi del genere, prevedono appostamento e pedinamento, raccolta di materiale fotografico, audio e video per ricostruire con precisione gli spostamenti e le attività del soggetto delle indagini; previo l’ottenimento delle necessarie autorizzazioni, gli agenti possono effettuare anche delle intercettazioni ambientali; i dati e le prove raccolte durante la fase di indagine confluiscono all’interno di una relazione che viene consegnata al mandante delle indagini; questi potrà utilizzare il rapporto anche nell’ambito di un procedimento giudiziario.


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