Le mani carbonizzate di Luca: i vigili del fuoco rischiano la vita e non hanno un’assicurazione

Il 23 maggio scorso, i Vigili del Fuoco ricevono una chiamata per una possibile fuga di gas in un’abitazione a Novi Ligure, in provincia di Alessandria. Luca, pompiere in servizio da poco più di un anno, accorre sul posto e inizia ad ispezionare la casa assieme ad un collega, quando all’improvviso una fiammata li colpisce in pieno. L’esplosione è così forte che i due finiscono per essere mezzi sepolti dai mobili della stanza. La temperatura è altissima, e Luca decide di togliersi i guanti di protezione, lacerando la pelle delle sue mani.

Viene trasportato immediatamente al Pronto soccorso di Alessandria. Il suo è un codice rosso: ha ustioni di II grado a collo, spalla e alla gamba destra. A preoccupare di più sono le sue mani rimaste semi carbonizzate dalla vampata. Dopo il ricovero in ospedale, però, arriva la “beffa”, come la definisce Costantino Saporito, del sindacato Usb dei Vigili del Fuoco. “Dopo tanti sacrifici per coronare il suo sogno di diventare vigile del Fuoco – afferma Saporito a Fanpage.it – Luca rischia di essere relegato a compiti amministrativi perché considerato non più operativo”.

Ma non è solo questo aspetto che il sindacalista vuole denunciare. “Siamo professionisti del soccorso – continua – svolgiamo un lavoro difficile, rischioso, usurante che richiede elevate doti professionali abbinate ad altrettanto elevate prestazioni psicofisiche. E lo facciamo senza la copertura assicurativa dell’Inail (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, ndr)”. Luca, infatti, oltre al ticket del Pronto soccorso che gli ha prestato le prime cure, si sta pagando di tasca sua anche la riabilitazione. Dovrà indossare tutto il giorno, per 2/3 mesi, dei guanti speciali che hanno un costo di 1.200 euro al paio. “Un altro vigile del Fuoco che ha avuto lo stesso incidente di Luca – sottolinea Saporito – ha dovuto sborsato cifre elevate per la ricostruzione delle mani”. I vigili del Fuoco, insomma, rimasti feriti mentre accorrono per un’emergenza, devono fare fronte alle cure a proprie spese, salvo vedersi riconoscere un eventuale rimborso per “causa di servizio”.

Una professione rischiosa quella dei Vigili del Fuoco, pagata anche con il sacrificio della propria vita. “Quando a marzo dell’anno sono morti due colleghi in un’esplosione a Catania – prosegue il sindacalista Usb – l’unico aiuto alle famiglie è arrivato da una colletta del corpo. E non è un caso isolato. Quando uno di noi rimane infortunato, se gli va bene si dovrà pagare di tasca sua le cure. Se gli va male e muore, dovrà solo aspettarsi che qualcuno dei colleghi faccia una colletta per la sua famiglia”.

Le mani di Luca dopo quasi due mesi dall’esplosione che lo ha colpito in pieno
in foto: Le mani di Luca dopo quasi due mesi dall’esplosione che lo ha colpito in pieno

La limitata copertura assicurativa di cui i pompieri dispongono è quella dell’Ona (Opera Nazionale di Assistenza per il personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco). “Una volta l’Ona era gestita direttamente dai Vigili del Fuoco – spiega Saporito – mentre adesso è un ente autonomo privato, che amministra come vuole le trattenute delle nostre buste paga”. Una delle categorie più esposte a rischi di infortunio e condizioni di lavoro logoranti è quindi priva di copertura assicurativa. “Non è possibile che ogni volta che ci facciamo male e finiamo in ospedale – si infiamma il sindacalista – dobbiamo anche pagarci il ticket sanitario, come nel caso di Luca. Solo la Toscana e la Liguria hanno deciso di esentarci, mentre nel resto d’Italia dobbiamo pagarci noi le prestazioni ospedaliere”. “La cosa grave è che non ci venga riconosciuto neppure il mesotelioma, un tumore che colpisce molti colleghi che stanno a contatto con l’amianto”.

Luca attualmente non è in servizio, ci vorrà ancora per molto tempo prima che indossi di nuovo la divisa da pompiere. Ha diritto alla continuità di stipendio per altri sei mesi. Passato questo tempo, gli verrà decurtato il salario. “Anche questa è una conseguenza di non avere la copertura dell’Inail”, conclude Saporito.


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